QUANDO IL POLITICO ENTRA IN FACOLTA’ E LA POLITICA NE ESCE…

silvio e massimoLunedì 26 marzo il "nostro" Ministro degli Esrteri D'Alema ha tenuto una lezione sui conflitti e gli spiragli di dialogo in Medioriente nell'aula magna della nostra facoltà. 

Come era facilmente prevedibile la sua non poteva che essere una performance politica, alla faccia dell'obiettività e dell'autonomia della cultura che l'Università pubblica dovrebbe garantire.

Nel limitato spazio concesso agli studenti per il dibattito (quattro minuti a domanda ed un'unica, elusiva risposta del ministro a conclusione dei cinque/sei interventi totali), come collettivi studenteschi che militano all'interno del Polo di Novoli, abbiamo sentito l'esigenza politica di delegittimare quella che per noi non è stata altro che una vetrina propagandistica che un Ateneo in cerca di finanziamenti non può evitare di esibire. Do ut des. (..)

E' stato decisamente squallido constatare l’agibilità politica data alla contestazione dei fascistelli di Azione Giovani e del Fuan; come del resto inammissibile è la scelta delle autorità universitarie di dare spazio a determinati contenuti neofascisti. Altrettanto avvilente è stato il contesto di generale euforia ed entusiasmo da concerto pop che ha mostrato una platea acritica pronta ad un plauso incondizionato alle parole del Ministro.

A coronare il tutto, siamo stati accusati di contribuire, con la nostra contestazione, al clima di intolleranza politico-culturale; questo anche a causa di una generalizzata deriva partitica che porta determinati soggetti (uno di loro autodefinitosi ex-rappresentante di Sinistra Universitaria) ad appiattirsi su posizioni nate fuori da un contesto di autonomia.

Ci sembra necessario approfondire alcune questioni che il Ministro ha magistralmente eluso, nonchè chiarire le nostre posizioni in seguito ad alcune inaccettabili strumentalizzazioni delle quali siamo stati bersaglio.

Rispetto alla questione iraniana abbiamo semplicemente sottolineato che il governo italiano intende criminalizzare strumentalmente l'Iran non per una reale volontà di salvaguardare la sicurezza internazionale, ma per favorire interessi geopolitici occidentali. Difatti, Paesi che minacciano la distruzione di interi popoli, come fanno il Pakistan con i nepalesi ed Israele con i palestinesi, posseggono l'arma atomica nella connivenza generale. Rispetto ad una presunta vicinanza ad un governo negazionista ed anti-democratico come quello iraniano, ribadiamo, però, la nostra distanza politica da questo Stato che fa della dittatura religiosa la propria forma di governo.

Siamo inoltre profondamente contrari alla politica integralista perpetrata dai Talebani nel corso del loro governo in Afghanistan, eppure non possiamo non vedere che l'occupazione in atto sul suolo afgano mira a perseguire, anche da parte italiana, interessi economici di breve e lungo periodo. L'Onu stima che per il 2006, il contributo del mercato della droga all'economia afghana sia nell'ordine di 2,7 miliardi. Quello che omette di dire è che più del 95% dei proventi generati da questo lucroso contrabbando va a finire ai gruppi d'affari, al crimine organizzato e alle istituzioni bancarie e finanziarie internazionali. Una percentuale molto piccola finisce, invece, ai coltivatori e ai commercianti del paese produttore.

Le stesse Nazioni Unite hanno dichiarato che, nonostante la gestione dell'area da parte di forze internazionali, la coltivazione del papavero da oppio in Afghanistan è cresciuta vertiginosamente a partire dal 2001 e che ci si aspetta un ulteriore incremento del 59% nel 2006.

Inoltre l'intervento militare ha come obiettivo il controllo e lo sfruttamento di quell'area al fine di gestire l'export del petrolio e del gas sia in termini di estrazione che di trasporto. Ci sono da anni progetti per un grande oleodotto che renda il trasporto di carburante da quest'area maggiormente funzionale passando attraverso il territorio afghano. Data l'abbondanza delle riserve di gas naturale in Asia centrale, l'obiettivo è collegare le risorse di gas con i più vicini mercati in grado di assorbirle.

Il Ministro, sulla questione palestinese, ha completamente glissato sull'argomento del muro dell'Apartheid che il governo Sharon ha iniziato ad edificare lungo un confine univocamente definito nella Cisgiordania occupata, pur essendo stato condannato dalla Corte internazionale di Giustizia dell'Aia per questa azione. Il muro separa i villaggi dei Palestinesi dalle terre coltivate e dalle fonti di approvvigionamento dell'acqua, costringendoli in vere e proprie prigioni a cielo aperto dalle quali possono uscire solo con l'approvazione dei militari israeliani di guardia ai check-point e in orari ben definiti.

Ci sembra pertanto infame equiparare la violenza dell'oppressore alla violenza dell'oppresso, costringendo i Palestinesi in una posizione di debolezza nei "processi di pace"che, in realtà , consistono in meri diktat.

L'unica soluzione possibile resta per noi la fine dell'occupazione militare israeliana, il popolo palestinese è, infatti, un fenomeno di rifugiati senza identità e senza diritto all'autodeterminazione.

Sulla questione della costruzione della base Dal Molin di Vicenza, il Ministro ha volutamente evitato ogni commento. Non possiamo fare a meno di ribadire con fermezza la nostra opposizione nei confronti di questo (e di ogni altro) avamposto militare sul territorio nazionale, contro il quale si è mobilitata in massa la popolazione vicentina nonchè italiana.

Riteniamo assolutamente inaccettabile che si attribuisca un qualsiasi valore accademico alle nefandezze che il nostro ed altri governi compiono in molte parti del mondo.

Concludendo, l'intervento dei collettivi non è stato frutto, come il Ministro e gli altri hanno insinuato, di infantilismo e faciloneria, bensì di un lavoro di analisi che queste realtà portano avanti quotidianamente all'interno dell'ambiente universitario e non solo.

Collettivo FuoriLOGO – Collettivo Politico di Scienze Politiche

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2 Responses to QUANDO IL POLITICO ENTRA IN FACOLTA’ E LA POLITICA NE ESCE…

  1. Ghigo says:

    Beh! ragazzi niente che dire, è venuto prorprio bene, ma forse avrei speso 2 parolein più sull’iran. Non credete che sia importante analizzzare le motivazioniprofonde del riarmo di quetso paese? Ho letto un’articolo di Chomsky(?) su internazionale che faceva una lucidissima analisi del caso, sotiene, ed io concordo pienamente, che il riarmo dell’iran sia un aconseguenza della politica di accerchiamento messa in atto da bush, se prendete un acartina verdrete che quello stato è completamente circondato da americani. L’iran prima di iniziare i suoi programmi nucleari avea tentato una azione diplomatica sugli stati uniti,con mediazionesvizzera, per la non prolioferazione nucleare, ma bush e i suoi hanno riso in faccia a questo volenteroso diplomatico svizzero inn sede della plenaria onu. Perchè? La risposta è facile perchè parliamo della super potenza, questa, storicamente, ha bisogno di un nemico per creare il sostegno interno che serve alla politica di potenza…. adesso è il turno dell’iran che di tutta risposta si è fatto la bomba.

  2. rita says:

    splendida la vignetta!

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