BENI COMUNI

fontanaVogliamo soffermarci su un tema sempre più attuale ed urgente: i beni comuni. Abbiamo iniziato questo percorso il 13 dicembre scorso organizzando una assemblea su quello che è forse il bene comune più importante: l'acqua. In quell'occasione abbiamo avuto modo di parlare con Angel Hurtado, uno dei protagonisti della protesta di Cochabamba (2000), con la quale il popolo boliviano costrinse il suo governo a ritirare la legge che permetteva la privatizzazione dell'acqua di quella terra ed il suo acquisto da parte di alcune multinazionali. Con questa ed altre lotte i popoli indigeni dell'America del Sud ci insegnano che occorre respingere con forza l'idea che al mercato debba essere affidata la gestione di ogni aspetto dell'attività umana.

Nella società globalizzata sembra che ciò che non si può misurare in termini monetari non abbia importanza, che sia privo di qualsiasi valore. In questa nostra società abbagliata dai miglioramenti nel benessere individuale conseguiti grazie agli enormi progressi tecnico-scientifici del secolo scorso, è divenuta egemone la convinzione che il progresso di una comunità sia sintetizzabile attraverso il P.I.L. e quindi che un paese è tanto sviluppato quanto più riesce a far aumentare il prezzo (valore aggiunto) dei beni che produce.

I beni che non hanno un prezzo (acqua, ambiente, beni immateriali, etc.) non danno luogo ad alcun profitto e quindi, se è possibile, vanno convertiti, gli va dato un valore per il mercato, in modo che poi si possano apprezzare. Tutto ciò ad esclusivo vantaggio di una parte marginale della popolazione mondiale: quando un governo è costretto a trovare nuove risorse, assediato dal FMI e dai creditori mondiali oppure semplicemente alla ricerca di un proprio profitto, la soluzione più facile e frequente è privatizzare altri servizi ad esclusivo beneficio di chi li acquista a prezzo di liquidazione. Succede tanto in Bolivia quanto in Italia. Nel corso della storia invece alcuni beni essenziali per la sopravvivenza delle comunità, tra cui l'acqua, non sono mai stati commerciabili. I popoli nativi del continente americano potevano usufruire liberamente di una serie di beni comuni così come avveniva in Europa nell'età dei Comuni, appunto. Questa solidarietà comunitaria ha permesso all'Uomo di preoccuparsi di meno della propria sopravvivenza ed ingegnarsi, piuttosto, per il soddisfacimento di altri bisogni. E' quindi fondamentale che si torni a dare importanza, valore, a questi beni, vogliamo parlare sempre più spesso di acqua, di libera circolazione delle conoscenze, di biodiversità, di benessere del pianeta, di diritto allo studio, alla salute, alla casa (etc.) ribadendo che questi beni (o diritti) devono continuare a non avere un valore di mercato, perchè assegnare ad essi un prezzo implica la possibilità di escludere qualcuno dal loro utilizzo.

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