COM’E’ STRUTTURATA LA BASE DI VICENZA EDERLE 1

no Una enorme base, dentro e intorno alla quale gravitano circa 12.000 militari e civili americani, i cui rapporti con le autorità italiane sono regolati da accordi e memorandum riservati risalenti al dopoguerra, ma continuamente aggiornati: questa è la Caserma Ederle di Vicenza che, insieme al vicino aeroporto Dal Molin, è al centro della querelle di questi giorni. La Ederle è una caserma italiana a tutti gli effetti, con un comandante italiano e un colonnello. Quest'ultimo, secondo un organigramma americano, è sottocapo di stato maggiore, mentre il capo di stato maggiore è un colonnello Usa.

Nella scala gerarchica, prima del colonnello c'è un generale a due stelle americano che è il comandante generale della Setaf (la Southern European Task Force), nonchè comandante di tutte le forze americane presenti a Vicenza. I rapporti tra il comandante italiano dell'istallazione e i comandanti americani sono regolamentati da atti classificati. Nell'ambito della Setaf opera la 173/a brigata paracadutisti Usa, il reparto impiegato in Iraq tre anni fa, e successivamente in Afghanistan. In passato si chiamava 'Lyon Brigade' ed era organizzata su un solo grosso battaglione di fanteria, che esiste ancora con il nome di 1/o battaglione del 508/o reggimento paracadutisti, successivamente affiancato dal 2/o del 503/o.

 

La Lyon si è quindi tramutata in 173/a brigata, che ha però anche altre forze in Germania. L'aeroporto Dal Molin, distante 3-4 chilometri dalla Ederle, è invece uno scalo civile e militare, che la Nato utilizzava in passato. E anche l'Aeronautica militare, che lo gestisce, sarebbe intenzionata a dismetterlo. Il comandante è un ufficiale dell'Aeronautica. Proprio il Dal Molin, essendo la Ederle congestionata, dovrebbe ospitare il terzo battaglione della 173/a, di stanza in Germania, che verrebbe così riunita in Italia.
L'aeroporto non verrebbe impiegato – nè potrebbe, per le sue caratteristiche tecniche – per la partenza dei parà americani nelle missioni all'estero: a questo scopo i soldati Usa utilizzano l'aeroporto di Aviano. La Ederle è una sorta di città a stelle e strisce: ospita il comando Setaf, a livello divisionale; il comando della 173/a e i due battaglioni che la compongono, e diverse altre unità a corollario. C'è ad esempio un reparto Genio, con macchine movimento terra e altri mezzi, una batteria da artiglieria con cannoni aviotrasportabili da 105 mm. Fondamentale è poi l'Area Support Group (ASG), una unità a livello reggimento che gestisce tutta la base, dagli aspetti logistici a quelli amministrativi.
Il comandante dell'ASG, un colonnello americano, ha alle sue dipendenze anche molti civili americani (e anche diverse centinaia di italiani), che mandano avanti gli spacci, la banca, la barberia, e tutto il 'life support'. E' un ufficiale-chiave e, non a caso, lo chiamano il 'sindaco della Ederle'. Nella caserma anche un asilo, scuole elementari, medie e un distaccamento di un'università americana. Il tutto a disposizione dei figli dei militari e dei civili Usa che, con l'ampliamento, potrebbero diventare 3.000-3.500 in più. I militari americani di stanza a Vicenza – a parte i mezzi del Genio – possono contare essenzialmente solo su altri veicoli per il trasporto di materiale e truppe e su due velivoli C12 da otto posti, a disposizione del comandante; nessun mezzo da combattimento pesante.
Le armi sono quelle da reparto e individuali, oltre ad alcuni cannoni da 105 millimetri. Dentro la base gli americani possono solo fare esercitazioni 'in bianco', cioè senza proiettili reali. Nel caso di attività addestrative a fuoco nei poligoni italiani, si deve seguire un determinato iter per ottenere l'autorizzazione dalle autorità competenti. Nella Ederle, dove i militari italiani dell'Esercito sono pochi, una dozzina, è presente anche un reggimento di carabinieri (alcune centinaia di uomini). Questi si occupano anche della scorta dei parà Usa quando questi devono uscire armati per svolgere esercitazioni.

E COME SAREBBE LA EDERLE 2 – DAL MOLIN

Nel 2004 la Nato dispone il trasferimento della V Ataf (ora Cofa, Comando operativo forze aeree) dal Dal Molin, Vicenza, a Poggio Renatico, vicino a Ferrara. Dalla sera alla mattina le strutture che ospitavano i militari e il personale della Nato (non si dimentichi che, nel corso della guerra dei Balcani, il cervello di tutte le operazioni era a Vicenza) si sono svuotate, trasformando la base aerea in una sorta di spettrale mausoleo. Poi, via loro, quella zona del Dal Molin è rimasta desolatamente chiusa. Restavano, e restano (per il momento) il 27° Genio campale e il 10° Gruppo manutenzione elicotteri dell’aeronautica militare, che occupano però le strutture a loro destinate. È stato allora che il governo americano ha cominciato a premere su Berlusconi per avere la disponibilità degli alloggi lasciati liberi e, a seguire, per ottenere le concessioni a realizzarne di altri.
Dopodiché, la cosa sembrava destinata a cadere in virtù del piano di riduzione delle truppe statunitensi in Europa, disposto dal presidente Bush. Riduzione che è sì stata confermata, ma con un’unica eccezione: Vicenza.
Ecco perché la questione Dal Molin torna prepotentemente alla ribalta. Il generale B.B. Bell, comandante delle forze armate americane in Europa, ha aggiunto che l’incremento dei soldati in servizio a Vicenza giocherà un ruolo importante nell’ottica della ristrutturazione globale.
L’esercito americano infatti ridurrà nei prossimi 5-10 anni le proprie truppe in Europa da 62 mila a 24 mila effettivi, mentre verrà trasferito da Heidelberg a Wiesbaden (città entrambe nel sudovest della Germania) il quartier generale delle Forze terrestri statunitensi.
Il numero delle aree e dei poligoni americani sul territorio europeo verrà ridotto da 236 a 88. I piani prevedono inoltre la riduzione da 13 a quattro del numero dei comandi operativi in Europa: Grafenwoehr(Baviera, Germania), Wiesbaden (Assia, Germania), Kaiserslautern (Renania-Palatinato, Germania) e appunto Vicenza. Ai due battaglioni della 173ª attualmente di stanza alla Ederle (ora in missione in Afghanistan), ne sarà aggiunto un 3°. E questi saranno i corpi d’elite di pronto impiego in caso di conflitti nelle zone più calde del medio oriente.

IL PROGETTO

La base suddivisa in un’area logistica, una tattica e una terza abitativa, i lavori affidati a ditte italiane, in pole position i gruppi Maltauro e Marchetti.
Nero su bianco anche i costi stimati: 13 milioni e 454 mila dollari per la mensa e «aule per attività di formazione e addestramento»; 10 milioni e 400 mila dollari per la costruzione di 58 «suite residenziali» questa volta all’interno della base Ederle, costituite ognuna da «una zona giorno/pranzo con angolo cottura, un bagno e una camera da letto»; circa 20 milioni di dollari per la costruzione di tre edifici per «officine manutenzione veicoli tattici». E così via elencando, dai due edifici per quartier generale di battaglione alla centrale telefonica per comunicazioni. Fino al centro fitness, con tanto di «aree per addestramento fisico e da combattimento», campi da «racquetball» e da pallacanestro. Con qualche concessione di facciata al territorio su cui si costruisce, come per gli «edifici e strutture coperte per il controllo accessi», che costituiranno l’interfaccia con l’esterno della base e per questo la loro estetica «riprenderà i caratteri stilistici architettonici palladiani o tipica del nord Italia». E un cuore che più americano non si può, con due fast food e un centro commerciale made in Usa
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